La cancellazione dai social è sintomo di…
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Quanti di voi hanno mai pensato “basta, adesso mi cancello dai Social Network” a seguito di stress o frustrazioni varie? Alcuni miei amici non hanno nemmeno perso tempo a rifletterci su un attimo, hanno agito e basta. Un paio di click e il loro profilo è scomparso dalla mia lista messaggi ricevuti/inviati, causando un
vuoto comunicativo. E’ stata questa la sensazione che ho provato al primo impatto, sensazione accompagnata dal tormento “ed ora come faccio ad inviargli messaggi e/o documenti?”.
Questa mia riflessione mi spinge a considerare tale situazione come il bivio tra una ipotetica catastrofe o una nuova opportunità; certamente il gesto stesso della cancellazione del proprio account, per me rappresenta un’ampia espressione di libertà: posso scegliere di fare ciò che più mi piace senza ledere gli altri; ma al tempo stesso mi privo di uno strumento altamente tecnologico che mi consente di instaurare un ponte perpetuo di contatto con le persone che mi sono attorno.
Con la “privazione” vi è l’assenza di qualcosa che pare sia necessaria, utile, gradita:
La natura dell’uomo è di maggiormente sentire la privazione delle cose che non il godimento di esse (Alfieri).
Dunque, da uomo preferisco fare a meno di una “comodità” a favore di una scelta che potrebbe procurarmi altri piaceri, tra i quali la medesima assenza di uno strumento che obbliga gli occhi ad essere incollati ad uno schermo e l’occasione di instaurare contatti nella realtà.
Allora, cancellare il proprio profilo dai Social network è sintomo di perdita o di un nuovo beneficio; nel momento in cui ciascuno di noi dovesse decidere di rimuovere ogni traccia dalle reti sociali, dovrà provvedere a ri-alimentare e potenziare i contatti face-to-face. Ma tale scelta, (s)fortunatamente, ai più appare ancora poco interessante.
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